1. Il problema giuridico
Può capitare che le opere realizzate dall’appaltatore non corrispondano perfettamente al progetto approvato dal Comune. Ciò pone una questione delicata: quali sono le conseguenze sul contratto di appalto se l’opera è parzialmente difforme dal titolo edilizio? Cosa accade invece qualora si tratti di una totale difformità?
La distinzione è cruciale perché incide sulla validità del contratto, sul diritto dell’appaltatore al corrispettivo e sulla tutela del committente.

2. La distinzione della Cassazione tra difformità totale e parziale
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26828/2024, ha ribadito un principio già consolidato:
– difformità totale: si verifica quando l’edificio è radicalmente diverso da quanto autorizzato per caratteristiche tipologiche, volumetrie o destinazione.
In questo caso, l’opera è equiparata a quella costruita senza alcun titolo edilizio. Ne consegue la nullità del contratto di appalto per illiceità dell’oggetto (artt. 1346 e 1418 c.c.), in quanto contrario a norme imperative.
– difformità parziale: ricorre quando le modifiche riguardano parti non essenziali del progetto e non alterano in modo radicale l’organismo edilizio programmato.
In questo caso, il contratto rimane valido, fermo restando il diritto del committente a chiedere la riduzione del prezzo o il risarcimento per i vizi e difetti.
3. Il caso deciso dalla Cassazione n. 26828/2024
Nel caso esaminato, un appaltatore aveva realizzato, oltre a lavori regolarmente autorizzati, anche opere prive di permesso, in particolare la ristrutturazione di un intero corpo di fabbrica (“corpo B”). La Corte ha stabilito che per questa parte dell’opera, essendo radicalmente difforme, il contratto era nullo parzialmente, con obbligo di restituzione delle somme versate dal committente per i lavori abusivi.
Al contrario, per le opere conformi al titolo edilizio, il contratto è rimasto valido, con conseguente diritto dell’appaltatore al corrispettivo pattuito, salvo le decurtazioni per vizi e difetti.