L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altri diritti reali disciplinato dagli articoli 1158 e seguenti del Codice Civile. Si realizza attraverso il possesso continuato e non contestato di un bene per un certo periodo di tempo. Ma cosa succede quando il bene oggetto di usucapione è comune a più soggetti? E quale ruolo giocano gli atti di tolleranza in questo contesto?

L’usucapione: cenni generali
L’usucapione è un istituto che consente di acquisire un diritto reale (come la proprietà) attraverso il possesso continuato e pacifico di un bene per un determinato periodo di tempo. Secondo l’articolo 1158 del Codice Civile, per i beni immobili sono richiesti 20 anni di possesso ininterrotto. Questo possesso deve essere accompagnato dall’animus domini, ovvero l’intenzione di comportarsi come proprietario.
Quando il bene è comune, la situazione diventa più complessa. Infatti, il semplice utilizzo del bene non è sufficiente per usucapirlo, poiché il compossesso (ovvero il possesso condiviso con altri) non implica necessariamente l’esclusione degli altri partecipanti.
Usucapione di beni comuni
Secondo la giurisprudenza consolidata, l’usucapione di un bene comune da parte di uno dei comproprietari richiede che il soggetto dimostri di aver esercitato un possesso esclusivo, in modo tale da escludere gli altri comproprietari dal godimento del bene. In altre parole, è necessario che il comportamento del soggetto sia incompatibile con il compossesso.
La Cassazione ha più volte sottolineato che non è sufficiente un semplice utilizzo più intenso del bene per configurare l’usucapione. È necessario dimostrare un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus (Cass. civ., sez. II, n. 12961/2000).
Gli atti di tolleranza e il loro ruolo
Gli atti di tolleranza sono comportamenti che il proprietario o comproprietario permette a terzi (inclusi altri comproprietari) e che, in quanto oggetto di permesso (anche solo implicito) dell’altro avente diritto, non configurano un possesso valido per l’usucapione. Il principio è sancito dell’articolo 1144 del Codice Civile, che stabilisce appunto che gli atti compiuti con altrui tolleranza non sono sufficienti per acquisire il possesso.
La giurisprudenza ha chiarito che la tolleranza si caratterizza per essere transitoria e saltuaria. Ad esempio, un comproprietario che consente al vicino di utilizzare una parte del terreno per cortesia o buon vicinato non permette l’acquisizione del possesso, a meno che non vi sia una chiara interversione del titolo (Cass. civ., sez. II, n. 18651/2004).
La prova del possesso esclusivo
Per usucapire un bene comune, il comproprietario deve dimostrare che:
1. Ha esercitato un controllo esclusivo sul bene;
2. Il suo comportamento è stato incompatibile con il godimento degli altri comproprietari;
3. Ha escluso gli altri dall’utilizzo del bene per il tempo necessario.
L’onere della prova è sempre a carico di chi invoca l’usucapione e la mancanza di opposizione, da parte degli altri comproprietari, non costituisce di per sé un riconoscimento implicito del possesso esclusivo.
Usucapione e comunioni familiari
Particolare applicazione di quanto detto si ha per l’usucapione dei beni comuni in ambito familiare (si pensi alle comunioni ereditarie). In questi casi la possibilità che il godimento sia frutto di mera tolleranza è talmente concreta, che non si potrà accertare l’usucapione senza aver dimostrato che il proprio comportamento ha escluso gli altri eredi dalla possibilità di esercitare il loro diritto sul bene.
Gli atti di possesso devono quindi essere pregnanti, ragion per cui il mero pagamento delle spese o l’utilizzo comune del bene non sono sufficienti per configurare l’usucapione (Cass. civ., sez. II, n. 12260/2002).
La durata del godimento esclusivo non basta se non è accompagnata da comportamenti apertamente incompatibili con il diritto altrui (Cass. 3493/2024 e Cass. 3089/2024).
Cass. 3493/2024 sottolinea che la tolleranza, specie tra parenti, richiede una valutazione rigorosa per determinare se gli atti compiuti possano costituire titolo per l’usucapione. È necessario dimostrare atti di interversione del possesso chiari e manifesti.
Cass. 3089/2024 rimarca che l’usucapione in contesti di comproprietà postula una comunicazione formale o informale dell’intenzione di possedere esclusivamente, che deve essere percepita dagli altri comproprietari.