
Si verificano casi in cui, o per i rapporti amicali intercorsi fra le parti, o per l’ammontare non eccessivamente rilevante delle opere, il contratto di appalto venga concluso senza fissare (o comunque cristallizzare per iscritto) il compenso dell’appaltatore.
Cosa accadrà qualora il committente si rifiuti di versare il corrispettivo?
Come verrà determinato il compenso dell’appaltatore?
L’art. 1657 codice civile rinvia alle tariffe esistenti o, in ultima analisi, alla decisione del giudice.
Di seguito una essenziale selezione giurisprudenziale.
Le fatture emesse dall’appaltatore non costituiscono prova sufficiente per il credito
La sentenza n. 14399 del 2024 ha ribadito un principio consolidato: le fatture emesse dall’appaltatore non possono costituire una prova sufficiente per dimostrare l’ammontare del credito vantato. Le fatture, essendo documenti unilaterali, non garantiscono la verifica della congruità del corrispettivo. Allo stesso modo, la Corte ha stabilito che anche la contabilità redatta dal direttore dei lavori non è sufficiente a provare il credito se il committente non l’ha accettata espressamente e senza riserve.
Il corrispettivo dell’appalto non può essere determinato senza prove chiare e precise
In questo caso la Corte di Cassazione ha affrontato una controversia in cui il corrispettivo dell’appalto era basato sul peso della terra trasportata, ma i documenti forniti indicavano solo il volume del materiale. La sentenza n. 26365 del 2022 ha stabilito che, in assenza di una prova chiara e precisa dell’entità dei lavori, il giudice non può determinare il corrispettivo ai sensi dell’art. 1657 c.c.. Questo principio è fondamentale nelle controversie in cui vi è una mancanza di chiarezza nella determinazione quantitativa del lavoro svolto. La Cassazione ha sottolineato che il giudice può intervenire per determinare il prezzo solo quando non vi è controversia sull’esecuzione delle opere, cosa che in questo caso non si era verificata.
Le fatture non bastano: servono prove concrete per dimostrare il credito
Anche nella sentenza n. 26517 del 2018, la Corte ha confermato che le fatture emesse dall’appaltatore non sono sufficienti per dimostrare il credito vantato. In questo caso, il ricorso dell’appaltatore, che chiedeva il pagamento di lavori eseguiti, è stato respinto poiché mancavano prove sufficienti per quantificare con precisione l’importo richiesto. La Corte ha chiarito che è necessario fornire ulteriori elementi probatori, come scritture private accettate dalle parti o testimonianze, per dimostrare la congruità del compenso. Questo principio è in linea con le precedenti sentenze, ribadendo l’importanza di documenti accettati bilateralmente.
Senza prove certe sull’entità dei lavori eseguiti, il corrispettivo non può essere determinato
Infine la sentenza n. 33575 del 2021 con cui la Corte di Cassazione ha riaffermato che, in assenza di prove certe, non è possibile determinare il corrispettivo per i lavori eseguiti. In questo caso l’appaltatore non aveva fornito documentazione sufficiente a dimostrare l’esatto ammontare dei lavori eseguiti, e la Corte ha respinto la sua richiesta di pagamento. Tuttavia, la Cassazione ha anche precisato che, in presenza di prove parziali o incomplete, il giudice può stabilire il compenso sulla base di tariffe o usi riconosciuti, sempre ai sensi dell’art. 1657 c.c.
Analisi e orientamento della giurisprudenza
Dall’analisi di queste quattro sentenze emerge un orientamento chiaro della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di determinazione del corrispettivo negli appalti. L’onere della prova ricade sull’appaltatore, il quale deve fornire documentazione sufficiente e dettagliata per dimostrare l’importo richiesto. Le fatture e i certificati di stato avanzamento lavori (SAL), essendo documenti unilaterali, non sono sufficienti a provare il credito.
Il giudice può intervenire nella determinazione del corrispettivo ai sensi dell’art. 1657 codice civile, ma solo in assenza di contestazioni sul quantitativo delle opere. In questi casi il giudice può fare riferimento a tariffe e usi consolidati per stabilire l’importo dovuto, oppure procedere con la quantificazione del compenso (auspicabilmente previa CTU).
Naturalmente la stella polare nella conclusione di un contratto di appalto resta solo una: fissare il corrispettivo al momento della stipula (anche attraverso la mera accettazione di un preventivo), sì da evitare le incertezze sia (probatorie che applicative) dell’art. 1657 codice civile.